Calabria Citra in versi, di Matteo Dalena.
Edizioni Periferia.
Presentato al Salone Internazionale del libro di torino - Sabato 12/05 all h 20,00
Relatori: Massimo Cerulo (sociologo), Valter Giraudo (giornalista e scrittore), Laura Montanari (illustratrice e voce narrante).
Matteo Dalena sceglie di recuperare parte della memoria immateriale
della Regione Calabria, oppressa da stereotipi datati, ma sempre vivi
nell’immaginario collettivo. Terra bellissima popolata o da briganti
feroci o da splendide rovine del passato appariva, infatti, ai
visitatori europei che tra Sette e Ottocento percorrevano le contrade
meridionali, vedendo la realtà attraverso lo specchio deformante della
cultura romantica.
Questa visione manichea è stata trasmessa e condiziona ancora oggi l’immaginario collettivo. Matteo Dalena sceglie la poesia della Calabria del passato per recuperarne il sentimento e la storia del tempo, ma anche per trasmetterne la memoria. (dalla prefazione di Giuseppe Roma, Università della Calabria).
Questa visione manichea è stata trasmessa e condiziona ancora oggi l’immaginario collettivo. Matteo Dalena sceglie la poesia della Calabria del passato per recuperarne il sentimento e la storia del tempo, ma anche per trasmetterne la memoria. (dalla prefazione di Giuseppe Roma, Università della Calabria).
Bisogna letteralmente abbandonarsi alle storie che provengono dal
profondo sé: storie di uomini e donne che vissero in un lontano passato,
vicende d’amore, violenza e morte ispirate da una costante opera di
rinvenimento e studio delle fonti, siano esse “primarie” (documenti
archivistici) o “secondarie” (tutto ciò che rientra nell’ambito della
letteratura). Ho cercato di tirare fuori da archivi e testi, antichi e
recenti, preziosissime storie di vita, brevi aneddoti e rare leggende
della nostra antica terra di Calabria Citra, destinate probabilmente a
rimanere inabissate nel mare magnum della dimenticanza. La memoria è
labile, la dimenticanza è dietro l’angolo: il rischio che corriamo è
quello di perdere contatto con il nostro passato, con le nostre radici
e, di conseguenza con noi stessi, fino a sentirci stranieri in casa
nostra. La poesia è un rifugio, un “altrove” sicuro e gratificante dove
trovar riparo nei momenti in cui la società odierna sembra sputarti in
faccia tutta la sua chiusura e avversione, guardandosi bene
dall’offrirti mete reali verso cui tendere. E quando lo scoramento è a
un passo dal prenderti, l’amore e la poesia rimangono provvidenziali
appigli che ti permettono di non affondare. Il terzo è la storia. Il
viaggio nell’altrove potrebbe assumere carattere di puro esercizio
individuale e, se vogliamo, un po’ egoistico. Tuttavia i versi che
escono dai recessi del sé, si prestano a trasformare quel ripiegamento
interiore in una straordinaria proiezione verso l’altro. La poesia con i
suoi ritmi e tempi massaggia i cuori e apre le menti: messa al servizio
della magistra vitae, può diventare un eccellente strumento
comunicazionale. (dall’introduzione dell’autore).
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