lunedì 14 maggio 2012

Matteo Dalena: la poesia nel cuore


L'occhio del poeta, in una felice ispirazione, spazia dal cielo alla terra, dalla terra al cielo; e mentre l'immaginazione riconosce la figura
di cose sconosciute, la penna del poeta le trasforma in forme,
e dà alle cose astratte una sistemazione terrena e un nome.
WILLIAM SHAKESPEARE

Calabria Citra in versi, di Matteo Dalena.
Edizioni Periferia.

Presentato al Salone Internazionale del libro di torino - Sabato 12/05 all h 20,00

Relatori: Massimo Cerulo (sociologo), Valter Giraudo (giornalista e scrittore), Laura Montanari (illustratrice e voce narrante).
 
Matteo Dalena sceglie di recuperare parte della memoria immateriale della Regione Calabria, oppressa da stereotipi datati, ma sempre vivi nell’immaginario collettivo. Terra bellissima popolata o da briganti feroci o da splendide rovine del passato appariva, infatti, ai visitatori europei che tra Sette e Ottocento percorrevano le contrade meridionali, vedendo la realtà attraverso lo specchio deformante della cultura romantica.
Questa visione manichea è stata trasmessa e condiziona ancora oggi l’immaginario collettivo. Matteo Dalena sceglie la poesia della Calabria del passato per recuperarne il sentimento e la storia del tempo, ma anche per trasmetterne la memoria. (dalla prefazione di Giuseppe Roma, Università della Calabria).

Bisogna letteralmente abbandonarsi alle storie che provengono dal profondo sé: storie di uomini e donne che vissero in un lontano passato, vicende d’amore, violenza e morte ispirate da una costante opera di rinvenimento e studio delle fonti, siano esse “primarie” (documenti archivistici) o “secondarie” (tutto ciò che rientra nell’ambito della letteratura). Ho cercato di tirare fuori da archivi e testi, antichi e recenti, preziosissime storie di vita, brevi aneddoti e rare leggende della nostra antica terra di Calabria Citra, destinate probabilmente a rimanere inabissate nel mare magnum della dimenticanza. La memoria è labile, la dimenticanza è dietro l’angolo: il rischio che corriamo è quello di perdere contatto con il nostro passato, con le nostre radici e, di conseguenza con noi stessi, fino a sentirci stranieri in casa nostra. La poesia è un rifugio, un “altrove” sicuro e gratificante dove trovar riparo nei momenti in cui la società odierna sembra sputarti in faccia tutta la sua chiusura e avversione, guardandosi bene dall’offrirti mete reali verso cui tendere. E quando lo scoramento è a un passo dal prenderti, l’amore e la poesia rimangono provvidenziali appigli che ti permettono di non affondare. Il terzo è la storia. Il viaggio nell’altrove potrebbe assumere carattere di puro esercizio individuale e, se vogliamo, un po’ egoistico. Tuttavia i versi che escono dai recessi del sé, si prestano a trasformare quel ripiegamento interiore in una straordinaria proiezione verso l’altro. La poesia con i suoi ritmi e tempi massaggia i cuori e apre le menti: messa al servizio della magistra vitae, può diventare un eccellente strumento comunicazionale. (dall’introduzione dell’autore).

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